Articolo scritto dalla Dott.ssa Margherita Carretti Etologa e Naturalista
Chiunque condivida la sua vita con un animale si sarà reso conto di come la comunicazione con loro viaggi anche attraverso un piano di tipo emozionale.
Non sto parlando solo di quegli episodi straordinari che si sentono raccontare in cui un animale non si allontana per giorni dal letto del suo compagno umano malato, ma di quei momenti di vita quotidiana, come una passeggiata, in cui anche solo un nostro piccolo aumento d’ansia viene percepito ed immediatamente porta ad un aumento dell’attenzione anche da parte del nostro compagno a 4 zampe.
Non si tratta di poteri soprannaturali, ma di un meccanismo adattativo sviluppatosi nel corso dell’evoluzione fin dall’origine dei cordati, più di 600 milioni di anni fa, chiamato Contagio Emozionale.
Tale meccanismo si trova alla base dei fenomeni Empatici, definito dagli autori Preston e de Waal nel 2002, come un’automatica ed inconscia condivisione emotiva dove non vi è né mediazione cognitiva, né capacità di differenziazione tra la propria emozione e quella altrui. Questa capacità sarebbe andata poi aumentando durante il processo evolutivo.
Il potenziamento delle abilità cognitive ed emotive degli animali ha portato ad un aumento della complessità dei fenomeni Empatici, partendo da fenomeni involontari come il Contagio Emozionale, fino alla capacità di prendere la prospettiva dell’altro e quindi la vera e propria comprensione e immedesimazione nelle emozioni altrui tramite l’immaginazione.
Lo sviluppo delle capacità empatiche durante l’evoluzione ha predisposto gli animali a sentire sulla “propria pelle” lo stato emozionale altrui.
Risulta più semplice comprendere il fenomeno del Contagio Emozionale se pensiamo ad una situazione in cui ci sono molte persone in uno spazio limitato.
Se si scatenasse il panico di massa, tutti scapperebbero senza comprendere cosa stia succedendo e quale sia il pericolo. Una forza ancestrale in quel momento dice solo: “Scappa!”.
Il ruolo adattativo di questo meccanismo per la sopravvivenza è evidente: in realtà il Contagio Emozionale non media solo la paura, ma anche altri stati emozionali come quelli coinvolti nelle cure parentali. Infatti, alcuni autori ipotizzano che le capacità empatiche messe in campo soprattutto nei mammiferi siano state evolutivamente vincenti, le madri più empatiche verso la propria prole comprendevano meglio i bisogni dei piccoli aumentando così le loro chance di sopravvivenza.
Consideriamo come esempio il primo caso di domesticazione, quella del cane, in cui due specie (Canis lupus familiaris e Homo sapiens), entrambe mammiferi sociali, hanno alle spalle circa 35.000 anni di coevoluzione.
Si ipotizza che in principio i fenomeni Empatici si esprimessero principalmente in un contesto intraspecifico (lupo-lupo). Successivamente, durante il processo di domesticazione, la loro espressione è iniziata a manifestarsi anche in un contesto eterospecifico (cane-uomo). Questo substrato empatico, alla base della comunicazione tra cane domestico e uomo, permette una maggiore comprensione reciproca, migliorando così la convivenza e la collaborazione tra queste due specie.
Nella vita quotidiana con i nostri animali percepiamo una comprensione che va oltre la comunicazione diretta; un allineamento emozionale dove il nostro stato emotivo influenza il loro e viceversa.
Tutto ciò ha un’origine molto antica. La ricerca di un equilibrio emotivo, oltre a migliorare molti aspetti della nostra vita, migliorerà anche la convivenza con i nostri animali, aiutando noi e loro ad affrontare insieme le sfide che la vita ci propone.